9 giugno 1993 – Al figlio Antonio

Roma, 9 giugno 1993

Caro Antonio,

con te posso avere un discorso aperto, chiaro e concreto: non sei più un ragazzo, ma un uomo. E allora parliamo tra uomini, Tu ormai hai compreso in quale difficile e triste situazione io mi trovo per avversità della vita. Sono anche sicuro che tu non hai né mai avrai dubbi sul mio comportamento nei confronti dello Stato, delle Istituzioni, della Società, improntato sempre a lealtà e fedeltà. Presto o tardi ciò verrà provato e conclamato, in modo tale che tu possa andare sempre a testa alta ed essere orgoglioso di tuo padre e del suo operato.

Tra gli infiniti pensieri, preoccupazioni, sofferenze morali che mi opprimono non vorrei che si aggiungesse anche quello che riguarda il tuo avvenire, E per ottenere ciò è necessario che tu riesca a conciliare, nell’arco della giornata, il lavoro, lo svago, il riposo e lo studio. Hai diritto a vivere nella pienezza i tuoi anni di gioventù, ma devi anche pensare al futuro. In altri termini devi studiare e superare gli esami che ti restano ancora, Poi,una volta laureato (anche se sarà necessario un po’ più di tempo del normale è lo stesso), vedremo quale sarà la soluzione migliore per il tuo avvenire. Per ora poniti solo la meta della laurea: poi si vedrà.

Non tormentarti per me: io faccio appello ad ogni mia energia morale per resistere e superare questo momento fidando, oltre che nella coscienza intima e convinta della mia innocenza di fronte ad ogni accusa, anche nell’aiuto di Dio.

Per vivere bene bastano poche cose: mai come in questa evenienza della mia esistenza ne ho acquisito consapevolezza. Tra queste la coscienza di essere nel giusto con se stesso e con gli altri uomini.

Vivi con serenità le tue giornate. Sta’ vicino alla mamma che soffre per me, per te, per Guido: Non le far sentire troppo la mia assenza, dalle sempre la sicurezza di avere in casa un uomo cui dedicarsi ma anche affidarsi.

Ti abbraccio, ti bacio

Papà

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