Natale 1992 – Alla moglie Adriana

Natale 1992

Adriana, non immaginavo che avessi la forza di sopportare la sofferenza che mi è stata inflitta: una sofferenza infinita, lancinante che mi pervade tutto l’essere. Soffro con il corpo, la mente, lo spirito. Continuo in modo assillante a ripetermi: come è possibile, perché? Non ho alcuna risposta perché mi rifiuto di accettare l’idea che l’ingiustizia possa giungere a tanto.
Ma ciò che mi fa soffrire di più è il dolore tuo e quello dei nostri figli Guido e Antonio. Quel poco che mi resta di volontà di continuare a vivere è per non aggiungere a voi dolore ad altro dolore.
Cercherò di fare appello a tutte le mie residue forze, a non perdere la lucidità mentale, a non farmi sopraffare dalla prostrazione fisica e morale e lo farò per te, per Guido, così sensibile, per Antonio così fragile, ambedue così buoni ed affettuosi. Nessuno più di te conosce come io abbia vissuto, cosa abbia fatto per lo Stato, i sacrifici, le rinunzie, le preoccupazioni, i pericoli corsi, la dedizione totale alle Istituzioni, la fedeltà ai miei ideali di Patria sin da quando a vent’anni indossavo la divisa da Ufficiale dei Bersaglieri (e ne ero così felice ed orgoglioso). Ora sono accusato di colpe infami, disonorevoli, le più gravi che possono essere addebitate ad un uomo, ad un servitore dello Stato: colpe che se avessi veramente commesso non chiederei per me la perdita della libertà in questo carcere ma la pena di morte!
Ma io non ho fatto nulla di male, non ho mai trasgredito i miei doveri professionali: io sono innocente. Dillo a Guido ed Antonio, fa’ che non abbiano il minimo dubbio.

Ti bacio, Bruno

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