COMMENTO DI MASSIMO BORDIN (direttore di Radio Radicale) ALLA DEPOSIZIONE DEL GIUDICE CAPONNETTO NELL’UDIENZA DEL 19 MAGGIO 1995 DEL PROCESSO CONTRADA, ANDATO IN ONDA ALL’INIZIO DELLA TRASMISSIONE “SPECIALE GIUSTIZIA”
Siamo all’udienza dello scorso 19 maggio, meno di una settimana fa, a Palermo, dove si celebra il processo che vede imputato Bruno Contrada, detenuto fra l’altro dalla Vigilia di Natale del 1992.
A deporre Antonino Caponnetto.
Cosa ha da dire Antonino Caponnetto sulla figura di Bruno Contrada?
Praticamente NULLA!
Giacchè lui personalmente, dice, non ha mai avuto modo di sospettare di Contrada. Lo ha frequentato pochissimo, dice. Nel periodo in cui è stato consigliere istruttore a Palermo non ha avuto particolari motivi di relazione con lui e, quindi, non si è formato un suo giudizio. (Ammesso che poi i giudizi debbano avere accesso nelle aule di Tribunale!).
Può dire, però, Caponnetto quel che pensava di Contrada Giovanni Falcone. Questa è una tecnica dell’accusa in questo processo. I sostituti che portano avanti il processo nei confronti di Bruno Contrada sono i sostituti procuratori Ingroia e Morvillo, che hanno più volte presentato al Tribunale testimoni che avevano da riferire di impressioni, avute da loro parenti o conoscenti uccisi dalla mafia, negative nei confronti di Contrada. Cassarà non stimava Contrada, non se ne fidava così ha detto la vedova, probabilmente è anche vero, ma cosa c’entra con la possibilità che Contrada sia effettivamente colluso con la Mafia? E così altre testimonianze…..
Quella di Caponnetto, come avete letto da alcuni giornali il giorno dopo in prima pagina, da altri nelle pagine interne, comunque con titoli vistosi, aggiungeva un fatto che Caponnetto racconta.
Dice Caponnetto :”Io ricordo che una volta ascoltammo Contrada come testimone e insieme a me c’era Giovanni Falcone.
Al momento del commiato gli stringemmo la mano, poi Contrada uscì e Falcone ostentatamente si pulì la mano sui pantaloni.”
E’ un’immagine forte, fortissima, che riesce sicuramente a colpire l’immaginazione dei lettori dei titoli dei giornali. E molte volte, si sa, specie di articoli di questo tipo, si legge il titolo e non di più!
E’ stata così la testimonianza di Caponneto? Si può riassumere soltanto in questo virgolettato? NO!
Ve ne renderete conto. Noi vi proponiamo un lettura di questa testimonianza. Voi, però, la potrete ascoltare integralmente, come è costume di questa radio, e potrete quindi farvi un’idea se quello che vi proponiamo come chiave di lettura di questa testimonianza sia fondato o infondato, malevolo o addirittura calunnioso.
Abbiamo già detto che Caponnetto dice :”Io Contrada l’ho visto pochissime volte”.
Contrada, che interviene al termine dell’udienza con una sua dichiarazione spontanea, come il codice gli dà diritto, nega questa circostanza e dice :”Non è vero, con Caponnetto ci siamo visti moltissime volte in occasioni conviviali, in occasioni ufficiali. Io lavoravo all’Alto Commissariato, lui era consigliere istruttore. Le occasioni di vedersi non mancavano”.
Due versioni diverse, ma non c’è motivo di non credere al consigliere istruttore a vantaggio di un funzionario di Polizia, che però è imputato ed è imputato di un reato grave.
Siamo alle parole dell’uno contro le parole dell’altro!
Poi Caponnetto parla della prima volta in cui l’Ufficio Istruzione si occupò di Bruno Contrada. Badate bene, molto prima che venisse arrestato nel ’92, quando Tommaso Buscetta fece il nome di Bruno Contrada come di un poliziotto colluso.
Caponnetto ricorda perfettamente, dice lui, quella testimonianza di Tommaso Buscetta, giacchè, ricorda Caponnetto, Buscetta lo interrogò solo due volte, in due occasioni particolari, nelle quali Buscetta chiese, oltre alla presenza di Falcone, la presenza del superiore gerarchico di Falcone, del consigliere istruttore Caponnetto : una fu quella in cui parlò del golpe Borghese, un’altra fu quella nella quale parlò, fra l’altro, della collusione di Contrada.
Lo fece in termini molto ambigui, riferì la parola di un morto, Stefano Bontate, che riferiva di un rapporto di Contrada con un altro mafioso morto, Saro Riccobono (fra l’altro lo disse in modo un po’ criptico); comunque Falcone e Caponnetto passarono gli atti alla Procura perché indagasse e vedesse se la collusione c’era.
Come è finita quell’inchiesta? E’ finita con un proscioglimento in istruttoria di Contrada, che infatti venne poi arrestato successivamente sulla base della deposizione di altri pentiti e di altre cose che Buscetta aggiunse a quelle che aveva dette negli anni ’80, che non erano bastate per l’incriminazione di Contrada.
“Come andò a finire quel procedimento?” viene chiesto da un avvocato difensore di Contrada a Caponnetto. E qui c’è una risposta davvero singolare.
Caponnetto dice :”Mah, io non me ne sono più occupato, non mi ricordo come andò a finire”.
Ora Contrada era un funzionario di punta, che era stato Capo della Squadra Mobile a Palermo, era uno dei poliziotti più noti. Sicuramente già all’epoca non aveva buona stampa, c’è chi già sui giornali lo aveva attaccato e il consigliere istruttore di Palermo in quel clima…. certo c’era il maxi-processo, c’erano tante cose….. ma di fronte ad una bazzecola del genere, cioè il pentito “principe” Buscetta che accusa uno dei poliziotti più noti di Palermo, all’epoca all’Alto Commissariato o al Sisde, si dimentica di seguire la causa, non si informa nemmeno da uno dei suoi sostituti, da uno dei suoi colleghi istruttori, di come poi è andata a finire quella tal piccola causa che vede Buscetta accusare Bruno Contrada.
Caponnetto dice :”Non me ne occupai più, non mi ricordo come è andata a finire”.
E’ un’affermazione singolare, poco verisimile in verità! Ma soprattutto è FALSA!
Ed è falsa perché la difesa produce un documento che è inoppugnabile : una busta indirizzata a Bruno Contrada con dentro il decreto di archiviazione (proscioglimento praticamente della incolpazione di Contrada) ed insieme a questo decreto di archiviazione un biglietto da visita di Antonino Caponnetto con alcune parole di augurio al funzionario di Polizia!
Non si ricordava, ma gli aveva mandato un biglietto augurale, mandandogli anche il decreto di archiviazione. Smentito su questo, Caponnetto viene anche smentito sull’altro passaggio importante : Falcone che si asciuga la mano dopo averla data a Contrada. E qui non è nemmeno la difesa, è il Presidente del Tribunale Ingargiola a far notare sommessamente a Caponnetto che in realtà a quell’interrogatorio di Contrada, che in quel caso veniva sentito come teste su un’inchiesta che aveva fatto, l’inchiesta per l’omicidio di Piersanti Mattarella (era dunque un poliziotto che testimoniava nella sua inchiesta) che la volta in cui Caponnetto e Contrada si trovano di fronte FALCONE NON C’ERA!
Caponnetto balbetta : “Ma si vede che lo avremmo sentito un’altra volta”.
Implacabile uno degli avvicati difensori di Contrada dice:” Abbiamo tutti gli interrogatori del nostro assistito. Non risulta un altro interrogatorio dove fosse presente Caponnetto”.
E Contrada nella sua dichiarazione finale al termine dell’udienza ribadisce :” Io da Falcine e da Caponnetto insieme non sono mai stato interrogato, cercate nelle carte, debbono esserci dei verbali, se ha ragione Caponnetto, lo troverete un verbale in cui c’è la firma di Caponnetto a fianco a quella di Falcone e la mia come testimone, ma se è come dico io…….”
Se è come dice Contrada, Caponnetto MENTE.
C’è un ultimo passaggio ed è forse il più significativo e, per certi versi, il più inquietante.
Si parla della deposizione di Buscetta, c’è un po’ di confusione fra le due deposizioni, una del 1984 e una del 1986. Questo è normalissimo. Anche un Pubblico Ministero peggio disposto nei confronti di un testimone in genere non calca la mano se il ricordo si sovrappone di due avvenimenti simili, magari a distanza di qualche anno.
E’ difficile scindere completamente e ricordare perfettamente cosa sia stato detto in un’occasione e cosa sia stato detto in un’altra.
Questa piccola confusione, quindi, credo non sia assolutamente criticabile. E’ però inquietante quello che a un certo punto un avvocato difensore di Contrada chiede a Caponnetto, contestandogli praticamente un’affermazione che Caponnetto aveva fatto. Caponnetto dice :”Ricordo perfettamente che, pur senza fare nomi, Buscetta ci disse che nella polizia palermitana c’era molta corruzione”.
L’avvocato ha di fronte il verbale di Buscetta e dice :”E’ sicuro che avete verbalizzato bene?”
Caponnetto replica quasi piccato :”Guardi, avvocato, non me lo deve dire. Noi siamo abituati a verbalizzare bene”:
L’avvocato legge il testo di quella verbalizzazione ed esce fuori che in bocca a Buscetta c’è il contrario. Buscetta dice :” La polizia palermitana è sempre stata al di sopra di ogni sospetto”.
Caponnetto, però, non può più dire che in realtà ricorda male e quindi deve dire :”Allora si vede che avremo verbalizzato male”. E fin qui niente di esaltante, ma nemmeno di gravissimo. Può capitare anche di verbalizzare male, anche se in questo caso era proprio una cosa per un’altra. Ma Caponnetto aggiunge un’altra cosa che è di una gravità, consentiteci inaudita. Dice :”Oppure, forse, Buscetta questa cosa ce l’avrà detta fuori verbale”.
Ma come? Non è fatto obbligo di legge ai magistrati di verbalizzare tutto quello che gli dice un imputato o un testimone, e soprattutto nel caso di un pentito come Buscetta?!?!
Cosa si vuol dire, che alcune affermazioni di Buscetta venivano verbalizzate ed altre no? Ma si rende conto il consigliere istruttore Caponnetto che così dicendo ha praticamente ammesso la commissione di un reato?
E come è che nessuno in aula, non il Presidente del Tribunale, non il Pubblico Ministero e nemmeno i difensori hanno fatto notare questa palese, incredibile auto-accusa del consigliere istruttore in pensione?!.
Ma d’altro canto per chiudere questa già troppo lunga introduzione, c’è un’immagine di un interrogatorio di Buscetta che lascia interdetti, lascia perplessi.
Dice Caponnetto (insistendo fra l’altro caparbiamente sulla tesi delle cose dette fuori verbale) “…….o forse Buscetta quella cosa ce la disse nel momento in cui ci accompagnava alla porta della sua stanza……”
Immaginate la scena, due magistrati del calibro di Caponnetto e di Falcone, che sono comunque due persone diverse e di diversa caratura non c’è dubbio, che invece di congedare il pentito vengono dal pentito congedati!
Ecco, questa è un’immagine – questa sì crediamo vera – ingenuamente raccontata dal consigliere istruttore Caponnetto, ed è un’immagine che fa rabbrividire. Buon ascolto.
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