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Le rivelazioni dell’uomo del Parco, del Castello e del Regno Unito

2) Elisabetta II Regina di Inghilterra a Palermo : Il pranzo, l’offesa e il proposito di vendetta.

Poteva mai il gentleman siculo-inglese non cogliere l’occasione di narrare qualcosa che avesse sia pure un riferimento a S.M. britannica, se non altro per il fatto di essere stato per tanti anni suo “ospite” in ceppi? No,di certo; ecco allora il suo racconto.

Il 20 ottobre del 1980, la Sovrana ed il Principe consorte, Filippo di Edimburgo, sbarcati dal panfilo reale “Britannia”, avevano trascorso in visita privata una mezza giornata a Palermo. In loro onore era stato, tra l’altro, organizzato a cura del Ministero degli Esteri, della Presidenza della Regione e della Prefettura, un pranzo a Palazzo Ganci, storica e sontuosa dimora dei Principi Vincenzo di S.Vincenzo e Stefania Ganci.

A questo punto chiunque potrebbe a giusta ragione domandarsi : ma che c’entra il dott. Contrada con la Regina di Inghilterra, la sua breve visita a Palermo, Palazzo Ganci e così via?

Ci “azzecca” invece e come! (per inciso, chiedo scusa al senatore A. Di Pietro del plagio di una sua abituale simpatica espressione)

Infatti, l’implacabile accusatore- non parlo certo del Pubblico Ministero ma dell’impunito (il pentito Di Carlo) – fa una strabiliante rivelazione : il dott. Contrada rimase offeso, atrocemente offeso, per non essere stato invitato al pranzo della Regina e incolpò dell’imperdonabile affronto subìto Alessandro Vanni S.Vincenzo, figlio del padrone di casa. Il nobile rampollo era stato socio di fatto – nella gestione di un esercizio pubblico night-discoteca-ristorante, il “Castello a S.Nicola l’Arena, sulla costa palermitana – con il Di Carlo, negli anni precedenti il suo soggiorno in Gran Bretagna.

Pertanto il dott. Contrada – prosegue nel suo racconto il pentito – giurò di fargliela pagare cara, di vendicarsi, di lavare l’offesa col sangue. La notizia si diffuse nell’ambiente di mafia ed il buon Di Carlo, preoccupato per la vita del suo amico Alessandro Vanni, ricorse a Saro Riccobono perché intervenisse e scongiurasse il pericolo, forte dell’autorità derivategli dal posto di rilievo occupato in seno a Cosa Nostra nonché del patto d’acciaio che lo legava al Poliziotto, pervaso ormai di sete di vendetta.

Nell’aula blindata di Pagliarelli, si udirono le parole provenienti dall’uomo dal volto coperto :” Ci aveva detto che era offeso perché ci era stata a giugno la visita a casa di questo mio amico Alessandro a Palazzo Ganci, la visita della Regina d’Inghilterra col marito, avevano pranzato là e che non era stato invitato…….e ce la avrebbe fatto pagare al Principe Alessandro…….”

“ Beh, io sapevo che il Contrada era intimo con Saro Riccobono, la prima occasione che ho avuto con Saro ci ho detto : vedi che le cose stanno così e così, dicca a questo Contrada che non ha niente da farci pagare altrimenti ce la faccio pagare io. Saro mi ha visto un po’ incavolato, mi ha detto : tu sai chi mi tocca Alessandro, io ci tolgo la vita”

“Io vado a dirci (a Riccobono) di stare attento a Contrada cosa aveva con il principe di S.Vincenzo”

Alla domanda :”Lei, sig. Di Carlo, lo avrebbe ammazzato (Contrada) se avesse toccato S.Vincenzo?” Risponde :”Ma non io, Saro Riccobono stesso perché prima viene uno di Cosa Nostra e poi veniva il dott. Contrada, anche per il Riccobono stesso”.

Poi conclude il suo dire “Cosa Nostra lo avrebbe ammazzato se avrebbe (sic!) fatto qualcosa a uno di Cosa Nostra!”

Insomma, il senso del contorto e sgrammaticato discorso del Di Carlo, che forse nel Regno Unito aveva appreso un po’ di lingua inglese obliando quella italiana, era che, tra il sacrificio del nobile mafioso, per mano del dott. Contrada, e quello dell’amico Contrada, don Saro Riccobono non avrebbe avuto alcuna esitazione a uccidere il poliziotto. Rileggo il verbale di udienza e rilevo che l’ineffabile “collaborante di giustizia”, un volta terminato il capitolo esilarante sul pranzo dei reali inglesi, chiese: “ Sig. Presidente, mi dà un minuto, bevo un po’ d’acqua”. Ne aveva ben donde, dopo lo sforzo richiesto al suo intelletto per partorire panzane di portata tale che molto efficacemente nel dialetto della mia Città sono definite con l’espressione :”all’ànema d’‘a palla!”.

Ricordando quei momenti non so dire se nell’aula aleggiasse più ilarità o tristezza, più sdegno o vergogna.

Confesso che talvolta mi è passato per la mente di scrivere una letterina ad Elisabetta II d’Inghilterra per dirLe : “Maestà sappia che la sua fuggevole visita a Palermo nel 1980 mi ha fatto correre un grosso rischio : di diventare un assassino o un assassinato. Può e vuole rimediare a questa sua involontaria colpa concedendomi un Ordine Equestre, magari quello della Giarrettiera? (5)

Ma, poi, il pensiero che S.M. Elisabetta II d’Inghilterra e S.A.R. Filippo di Edimburgo avevano, sia pure per qualche ora soltanto, avuto rapporti con la famiglia di un rampollo mafioso, per il pranzo a Palazzo Ganci dei Principi di S.Vincenzo, e il ricordo delle traversie sofferte per aver accettato la croce di cavaliere dell’Ordine Equestre del S. Sepolcro di Gerusalemme (6), ancor più antico di quello della Giarrettiera, mi hanno distolto dal vagheggiato proposito.

Qualcuno potrebbe chiedermi :”ma perché racconti sciocchezze del genere?” Perché, anche i “non addetti ai lavori” sappiano di qual natura sono talvolta i discorsi, anzi le farneticazioni e le fantasie di siffatti personaggi che, con le insegne di “collaboranti di Giustizia” (avranno un giorno anche una uniforme con i gradi, le onorificenze e i distintivi al merito, come i briganti antifrancesi e antimurattiani nel Regno di Napoli dei Borboni, all’inizio dell’800?) imperversano ormai da anni nelle nostre austere aule giudiziarie, ove si decide della vita e della libertà di uomini, spesso colpevoli, ma talvolta anche innocenti..

Lettore,

concludo e chiudo.

Bando al faceto e spazio alla realtà. Via la maschera teatrale e sorridente perché riappaia il volto vero e sofferente.

Per ciancie, ciarle, fandonie, fole e frottole del genere raccontate in un’aula di giustizia da un cialtrone, purtroppo anche delinquente e purtroppo ancor di più “pentito”, è stata distrutta la vita di un uomo, purtroppo, anche, uomo dello Stato!

Note in calce al capitolo :

  • Il dott. Giorgio Boris Giuliano, dirigente della Squadra Mobile di Palermo, fu ucciso il 21 luglio 1979 in via Francesco Paolo Di Blasi, in un agguato mafioso.
  • Il Ten. Col. CC. Giuseppe Russo, già Comandante del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Palermo, fu ucciso in un agguato mafioso il 14 agosto 1977 a Ficuzza, un territorio di Corleone.
  • La Guardia di P.S. Gaetano Cappiello, in forza alla Squadra Mobile, fu ucciso il 5 luglio 1975 nella borgata di Pallavicino, durante un servizio di polizia per arrestare gli autori di azione estorsiva. Quali responsabili furono denunziati Riccobono Rosario ed altri elementi della sua cosca mafiosa, tra cui Gaspare Mutolo, i fratelli Micalizzi ecc.
  • Chi divulga e strombazza tutto ciò che viene a sapere. Tale espressione prende spunto dal banditore della Gran Corte della Vicaria, che leggeva i bandi a suon di tromba.
  • Quello della Giarrettiera è il più alto e antico ordine cavalleresco inglese, istituito dal Re Edoardo III nel 1347.
  • L’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme fu fondato da Goffredo di Buglione nel 1099, dopo la prima Crociata nel corso della quale fu espugnata Gerusalemme e liberato il S. Sepolcro. In Sicilia l’Ordine trae le sue origini sin dal 1106 con la costituzione del primo priorato crociato. Con bolla in data 10 gennaio 1144 del Papa Celestino II, i Cavalieri del S. Sepolcro vennero accolti sotto la protezione della S. Sede.

N.B.

Al pranzo in onore della Regina d’Inghilterra e del Principe Consorte furono invitate soltanto le massime Autorità Civili, Religiose e Militari della Sicilia, secondo una lista predisposta dal Ministero degli Affari Esteri, della Presidenza della Regione e della Prefettura di Palermo. Parteciparono, inoltre, alcuni rappresentanti della nobiltà palermitana e inglese, alcuni componenti della famiglia dei Principi di S. Vincenzo e i diplomatici inglesi accreditati in Italia